Il lungo itinerario di Maria Domenica verso la sua conformazione a Cristo è segnato dall’essere sposa e madre anche nell’ordine naturale. La giovane Maria Brun sposò Salvatore Barbantini il 22 aprile 1811. Erano entrambi innamorati ed il loro fu un matrimonio d’amore.
In quell’amore sponsale e trasparente si genera presto una vita; la giovane sposa sente di essere madre, la sua gioia è al colmo e sulla terra non può desiderare nulla di più grande.
Ma quel matrimonio felice durò soltanto cinque mesi! Maria Domenica perde improvvisamente Salvatore colpito da malore mortale. E’ la tragedia, il vuoto, il mistero di un dolore incomprensibile. Ma qui si rivela la donna autentica, la donna della fede, del coraggio, dell’amore. In quel mare di amarezza si aggrappa al crocifisso e si consacra a lui irrevocabilmente:
” Voi solo crocifisso mio bene sarete d’ora in poi il dolcissimo sposo dell’anima mia, il mio unico e solo amore la mia eterna porzione” .
La sponsalità naturale di Maria Domenica si trasforma così in sponsalità con Cristo crocifisso; emerge la donna nuova, che nel dolore sa elevarsi al linguaggio della fede! Essa piange e singhiozza, ma crede ciecamente al Dio dell’amore e con lui stringe un vincolo eterno!
Intanto nasce il piccolo Lorenzo; Maria Domenica conosce le gioie e le pene della maternità; da sola ne affrontò le fatiche e le responsabilità. Educò Lorenzino con cura e diligenza, lo crebbe con amore e senso del dovere; per lui cercò i migliori maestri ed egli corrispose con impegno e profitto da meravigliare tutti nell’apprendimento. Ma ecco la prova: per una banale malattia intestinale, Lorenzino muore sotto gli occhi della madre all’età di otto anni.
La descrizione della morte del figlio, fatta dalla madre nella sua autobiografia, è una delle pagine più affascinanti e straordinarie di Maria Domenica in cui il dolore acuto e la fede eroica lottano insieme, ai piedi del figlio morente.
Lo strazio materno è indicibile; il suo cuore di mamma sembra impazzire, “credevo di perdere il senno” scrive lei stessa, ma la donna consacrata al crocifisso non può lasciarsi prendere dalla disperazione. Ella sa che dopo il tempo c’è l’eterno, che il figlio morto tra le sue braccia ora vive una vita che più non muore; ella sa che Dio è il Signore della vita, e a lui si affida ciecamente.
Il fiat per la morte del figlio è il dono della Barbantini per l’umanità sofferente. La mamma di Lorenzino sarà, infatti, d’ora in poi, la mamma degli infelici, dei malati, dei poveri della sua città. La sua maternità, spezzata nella carne, si trasforma e si moltiplica in una maternità spirituale più vasta ed universale.
Sr Riccarda Lazzari