Maria Domenica nasce a Lucca il 17 gennaio 1789 da Pietro Brun di origine elvetica e da Giovanna Granucci di Pariana, piccolo centro della provincia lucchese. Di carattere aperto e intelligente, la piccola trascorre felicemente la prima infanzia tra le cure della madre e la rigida educazione paterna.
La sua adolescenza è invece segnata da quattro lutti: la morte del padre e quella di tre fratellini a breve distanza uno dall’altro. Con l’aiuto della paziente guida materna, Maria Domenica supera il dramma dei lutti ed entra nella giovinezza carica di sogni e di speranze, tutta impegnata nello studio delle discipline umanistiche e religiose, proprie del ceto medio borghese della sua epoca e della sua città.
Eroismo di sposa e di madre.
Il 22 aprile del 1811, nella cattedrale di S. Martino in Lucca, Maria Domenica sposa il concittadino Salvatore Barbantini. È un matrimonio d’amore e di molteplici attese, ma dopo appena cinque mesi dalle nozze, “lo sposo adorato” muore improvvisamente lasciando tragicamente sola Maria Domenica già in attesa di un figlio.
Di fronte alla dolorosa prova, la vedova, appena ventiduenne, piange e singhiozza, ma non si lascia prendere dalla disperazione: ella s’inginocchia davanti al Crocifisso, la notte stessa della immane tragedia e, abbracciandolo, pronuncia il suo fiat con questa parole: “Oh mio Dio… Dio del mio cuore… mi avete percossa a sangue… voi solo, Crocifisso mio bene, sarete da qui innanzi il dolcissimo sposo dell’anima mia… il mio unico e solo amore, la mia eterna porzione“. Una consacrazione totale ed irrevocabile che nasce sul calvario di un dolore immenso e crudele, illuminato però da una fede viva, da una speranza senza confini, da un amore teologale autentico. Da quel momento nasce in lei la “passione” di servire le inferme povere e sole della sua città. Poiché le cure del figlio le occupano l’intera giornata, ella dedica eroicamente alcune ore della notte all’assistenza delle inferme in case private.
Ma un’altra prova attende la giovane vedova: Lorenzino, il figlio amatissimo, che era tutta la consolazione di Maria Domenica sulla terra, muore quasi improvvisamente, colpito da grave malattia, all’età di soli otto anni.
La povera madre è sconvolta: “Non so come non perdessi il senno”, scrive lei stessa e, mentre il suo cuore straziato piange lacrime di sangue, ancora una volta ella trasforma in offerta quel dramma indicibile: “Guardavo il cielo — afferma — e oppressa dal dolore, replicavo l’offerta di quell’unico amato figlio e dell’eccessivo mio dolore”.
Il carisma profetico di Maria Domenica: La donazione verso i malati.
Da un matrimonio infranto e da una maternità spezzata, Maria Domenica seppe elevarsi attraverso l’abbandono totale a Dio ad una sponsalità cristica totale e ad una maternità spirituale ed universale. D’ora in poi, il suo cuore materno brucerà d’amore, di tenerezza e di cure per i malati poveri e soli, per gli abbandonati, per i morenti.
Di giorno e di notte, sotto il sole cocente o la pioggia dirompente, ella percorre, con la lanterna accesa, le vie strette e buie della città di Lucca per raggiungere al capezzale le inferme più gravi e sole. Una notte, assalita da un uragano, le si spegne il lumicino; brancolando a lungo nel buio, ella arriva finalmente al domicilio desiderato, e, con gli abiti intrisi d’acqua, compie assistenza per tutta Ia notte non curandosi affatto di sé ma di Gesù, presente “nelle membra inferme” di quella persona malata.
Spesso, dopo una intera notte di servizio, faceva seguire anche il giorno senza prendere cibo. Talvolta assalita da un sonno terribile, mentre prestava assistenza, arrivò a mettersi il tabacco negli occhi; tale rimedio le procurava una sofferenza grave, ma efficace per tenerla sveglia e non privare le inferme del suo aiuto e conforto.
Talvolta, nel cuore della notte, era inseguita da ignoti male intenzionati; donna forte e coraggiosa non si faceva intimidire da nessuno; ella aveva in cuore una fiamma che non poteva spegnere: servire e curare Gesù stesso nascosto nel volto dei malati e sofferenti.
La fondazione del Monastero della Visitazione a Lucca.
La ricchezza delle sue doti umane e spirituali, tra cui intelligenza, creatività, coraggio e intraprendenza, non sfuggirono all’attenzione del Vescovo e del clero della sua città. Essi infatti le affidarono il compito di stabilire in Lucca un Monastero della Visitazione per l’educazione della gioventù.
Maria Domenica, docile alla voce dei pastori e sensibile alle istanze della Chiesa, accettò l’impegno con generosità e determinazione. Il suo zelo per la gloria di Dio, la rendeva capace di affrontare ogni difficoltà. Dopo circa sei anni intensi di lavoro e di tribolazioni, ella riuscì nell’intento di dare alla città di Lucca il monastero desiderato, ancor oggi esistente e ricco di vitalità spirituale e apostolica.
Il nuovo Istituto per i malati.
Compiuta l’opera della Visitazione, emerge chiara, prorompente in Maria Domenica la vocazione profetica: fondare una Congregazione religiosa di Sorelle Oblate Infermiere per servire Cristo nelle membra doloranti dei malati e sofferenti, a tempo pieno e per tutta la vita.
Il 23 gennaio 1829 Maria Domenica dà inizio alla prima comunità delle Sorelle Oblate Infermiere. Povere e con poca salute, ma ricche di zelo e di amore per Cristo, la Fondatrice e le prime sorelle compirono prodigi di carità al capezzale delle inferme e morenti, nelle abitazioni povere, dove giacevano sole e abbandonate anche le moribonde.
La Fondatrice e le figlie avevano un solo ideale, come specifica nelle sue Regole: “Visitare, assistere e servire il Dio umanato agonizzante nell’orto o spirante sulla croce nelle persone delle inferme povere e moribonde“.. E tutto ciò “con un cuore tutto avvampante della carità di Cristo”.
Inoltre Maria Domenica insegnò alle figlie che la vocazione delle Ministre degli Infermi comporta il dono totale della persona nel “servire il malato anche a rischio della vita”. Per questo, nelle sue Regole, ella chiede ad esse la disponibilità al martirio: “Serviranno Nostro Signore Gesù Cristo nelle persone delle inferme con generosità e purità d’intenzione, pronte sempre ad esporre la propria vita per amore di Cristo morto sopra una croce per noi”.
La testimonianza di evangelica carità della Fondatrice e delle figlie, indusse mons. Domenico Stefanelli, Arcivescovo di Lucca, ad approvare le Regole e l’Istituto di Maria Domenica; ciò avvenne il 5 agosto 1841
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Maria Domenica “beata”.
Nella sua lunga vita, Maria Domenica cercò unicamente “la volontà di Dio e la sua maggior gloria”. Nel suo cammino di configurazione a Cristo, assaporò l’amarezza della calunnia, che accolse: “pregando, perdonando, e amando i suoi persecutori”. Dedicò tempo e fatiche alla formazione spirituale e carismatica delle figlie.
Morì in Lucca il 22 maggio 1868, lasciando l’Istituto piccolo nel numero, ma forte nello spirito, generoso nel servizio ai malati.
Il 17 maggio 1995, in piazza S. Pietro, Giovanni Paolo II ha proclamato solennemente “Beata” Maria Domenica Brun Barbantini, indicandola al mondo quale testimone autentica “di un amore evangelico concreto per gli ultimi, gli emarginati, i piagati; un amore fatto di gesti di attenzione, di cristiana consolazione, di generosa dedizione e di instancabile vicinanza nei confronti degli ammalati e dei sofferenti”.
Beatificata il 17 maggio 1995.
La nascita dell’Istituto
Affascinate dall’esempio eroico di carità della Barbantini, alcune giovani si unirono a lei col desiderio di condividerne lo spirito e la missione, e il 23 gennaio 1829, Maria Domenica dà inizio alla prima comunità delle “Sorelle oblate infermiere”. Povere e con poca salute, ma ricche di zelo e di amore per Cristo, la Fondatrice e le prime sorelle compirono prodigi di carità al capezzale delle inferme e morenti, nelle abitazioni povere, dove giacevano sole e abbandonate anche le moribonde. Esse avevano un solo ideale: “Visitare, assistere servire il Dio umanato, agonizzante nell’orto o spirante sopra la croce, nella persona delle inferme povere e moribonde“(dalle regole manoscritte di M.D. Barbantini). E tutto ciò “con un cuore ardente della carità di Cristo ”(ivi).
Ella educò le figlie a vivere la vocazione ricevuta, fino al dono della vita: disponibili sempre al martirio della carità. Per questo, nelle sue Regole scrive: “Serviranno Nostro Signore Gesù Cristo nella persona delle inferme, con generosità e purità d’intenzione, pronte sempre ad esporre la propria vita per amore di Cristo morto sopra una croce per noi”.
La testimonianza evangelica di carità della Fondatrice e delle figlie, indusse mons. Domenico Stefanelli, arcivescovo di Lucca, ad approvare ufficialmente le Regole e l’Istituto, a soli dodici anni dalla nascita della prima comunità, e ciò avvenne il 5 agosto 1841.
La Vergine Addolorata icona del carisma
Maria Domenica affidò la sua congregazione alla protezione della Vergine Addolorata e la indicò alle figlie quale ispiratrice fondamentale del carisma, ed icona contemplativa ed apostolica del ministero. Come la Vergine, ai piedi della croce, assiste il figlio crocifisso, ne condivide la passione, il dolore, il disprezzo, l’abbandono, così le Ministre degli infermi devono vivere la compassione accanto agli infermi. Scrive la Madre nelle sue regole: “Si uniscano tutte con la SS. ma Vergine Addolorata a piè della croce, per implorare quello spirito di compassione verso le povere inferme che renda efficaci le azioni tutte che faranno a sollievo non solo del corpo ma anche dell’anima delle inferme medesime..”. Lo spirito di compassione, aspetto qualificante del carisma dell’istituto, è espresso, nel dettaglio, anche in altri punti della Regola: “si adattino all’umore diverso delle inferme e moribonde” .. “le consiglino se afflitte”….”le invitino all’amore di Gesù penante”, e con forti accenti, la Madre arriva a dire: “siano penetrate delle loro pene”. L’Addolorata che partecipa alla Passione del Figlio e offre al Padre il di Lui sacrificio, è la misura del dono e dell’amore che la Ministra degli infermi è chiamata a vivere accanto ai malati e ai morenti.
S. Camillo de Lellis e la croce rossa per le Ministre degli infermi
Maria Domenica incontrò, per la prima volta, un camilliano, nella persona del Padre Antonio Scalabrini. Fu un incontro di fondamentale importanza: il religioso ravvisò nel carisma della Barbantini quello del proprio fondatore, Camillo de Lellis. La consigliò ad aggregare l’istituto al suo Ordine, la confortò, le promise aiuto nelle difficoltà. Il 27/1/1842 lo stesso Scalabrini, divenuto superiore generale dell’Ordine, emanò il decreto di aggregazione dell’Istituto di Maria Domenica all’Ordine dei Ministri degli Infermi. Il 23 marzo 1852, Sua Santità Pio IX conferì all’istituto lucchese, il “Decretum Laudis” attraverso il quale, concesse alle Figlie di Maria Domenica il titolo ufficiale di “Ministre degli Infermi”, titolo che lo stesso S. Camillo aveva dato ai suoi religiosi, e sancì la comunione spirituale tra i due Istituti Ora mancava soltanto la vestizione dell’abito religioso con la croce rossa camilliana, un obiettivo ardentemente perseguito e che diventò realtà in un’ora gloriosa della storia del novello istituto. Era il 19 agosto 1855, il colera mieteva vittime in tutta la Toscana, e le figlie di Maria Domenica uscirono per la prima volta dalla città di Lucca per andare a curare i colerosi nei lazzaretti delle vicine città. Era un servizio a “rischio della vita” ed esse vollero esprimere l’ardore di carità di cui era pieno il loro cuore, indossando, per la prima volta, in quella significativa occasione, il simbolo camilliano della carità. Le popolazioni di quelle città furono commosse dall’esempio delle Suore dalla croce rossa, “eroine di carità”. Una di esse, contagiata dal morbo colerico, donò la sua vita al Signore. Sr Carlotta aveva 26 anni.
L‘Istituto di Maria Domenica oggi
Le figlie di Maria Domenica rimasero, per lungo tempo, ad esprimere il loro ministero, nel territorio della città e provincia di Lucca, ma con l’approvazione Pontificia, ottenuta il 1°dicembre 1929, esse hanno potuto espandersi in Italia ed all’estero.
In Italia
Le religiose sono presenti in varie regioni ed esercitano il ministero nei vari campi dell’assistenza sanitaria: nel domicilio, nelle case di riposo nelle case di cura, negli ospedali, nella pastorale sanitaria e nell’assistenza religiosa inserita nella “cappellania”.
Nelle missioni
Taiwan
La prima missione dell’Istituto è nata nel 1948 in CINA in collaborazione con i confratelli camilliani. Una missione che ha conosciuto la Rivoluzione maoista, il martirio di persecuzione e di stenti di Sr. Claudia Martinelli e di Padre Celestino Rizzi. Dopo questo difficile ed eroico inizio, le missionarie, espulse dalla Cina comunista, giungono in Taiwan dove oggi le religiose, costituite in provincia, operano attivamente nel campo dell’assistenza e della pastorale sanitaria.
Brasile:
Nel 1949, l’Istituto mise le sue radici nel grande stato sud-americano. Oggi le religiose brasiliane, figlie di Maria Domenica, sono sparse in molti luoghi del loro paese, dove operano nei vari campi dell’assistenza sanitaria, in particolar modo in quella domiciliare e ospedaliera; nel campo della prevenzione, della formazione e della evangelizzazione, privilegiando le zone più povere.
Nel periodo post-conciliare, in risposta alle istanze della chiesa, l’istituto si è aperto alle missioni “ad gentes”: Thailandia:1974; Kenya:1976; Filippine:1979; Cile:1995; Haiti: 2001; India: 2006; Perù: 2009; Vietnam; Indonesia: 2014; Costa d’Avorio: 2014.
In ogni luogo, dove la Provvidenza le ha chiamate, le Ministre degli Infermi di S. Camillo continuano ad irradiare il carisma della Beata Maria Domenica Barbantini, annunciando ai malati e sofferenti la tenerezza e la misericordia del Signore. Sensibili ai segni dei tempi e alle istanze della chiesa locale, esse operano accanto ai malati più poveri ed abbandonati. Secondo lo spirito della loro vocazione e del quarto voto, curano i malati di ogni genere e condizione. Sono presenti negli ospedali, nelle case di riposo, case di cura, assistenza a domicilio; promuovono la Pastorale della salute, in qualità di animatrici di progetti pastorali a livello parrocchiale e diocesano. Promuovono l’educazione sanitaria di base, e dei principi fondamentali della dignità umana. Lavorano per il recupero dei tossico-dipendenti; sono impegnate nella umanizzazione della morte con la pastorale della speranza.
Ai malati e sofferenti che incontrano, esse annunciano la Salvezza che è Cristo Signore.