Buona Sera a tutti! Mi chiamo Sr. Angelita, vengo dalle Filippine e sono felice di condividere con voi la mia esperienza nel campo pastorale con gli ammalati.
Da 12 anni sono al Sud delle Filippine dove ho lavorato sei anni in una Casa per le anziane e sei anni nell’Ospedale dei Padri Camilliani occupandomi di Pastorale Sanitaria con i malati e il loro familiare. All’inizio del mio mandato a Mindanao, sentivo dentro di me tanta paura a svolgere questo lavoro in mezzo alla gente Mussulmana! Mentre preparavo la mia valigia, le parole della Beata Maria Domenica risuonavano dentro di me e sembravano un comando: vai a “Servire e curare Gesù stesso nascosto nel volto di ogni malato e sofferente”, queste parole che mi incoraggiavano e così il giorno dopo di buon mattino sono partita con un grande desiderio di servire e curare un malato che incontrerò-Gesù.
All’inizio, nell’Ospedale di San Camillo, non era cosi facile per me, essendo la prima Suora Camilliana a svolgere questo ministero, ho avvertito un pò resistenza da parte dei medici, ma, nonostante ciò, andavo a visitare i malati ogni giorno e a provvedere ai loro bisogni materiali ma soprattutto spirituali. L’Ospedale è prevalentemente frequentato da mussulmani e un giorno, durante una visita ad un malato di fede Mussulmana, entrando nella sua stanza, mi ha fermato con un gesto della mano ricordandomi che non era cattolico. A questo cenno, ho risposto con il loro saluto della pace: “as-salam ‘alayk/kum”. Dopo una breve esitazione anche lui mi ha rivolto il saluto della pace e mi invita ad entrare nella sua stanza. Quando un malato aveva bisogno di preghiera, chiamavo l’Imam che è un loro sacerdote e pregavamo insieme per la guarigione. Da quel giorno è sparita la mia paura dei Mussulmani e ho avuto una esperienza molto bella durante la mia permanenza, anzi la mia paura si è trasformata in una collaborazione ecumenica.
Vi racconto un altro episodio, un medico Mussulmano è venuto nell’ufficio pastorale, si è messo a sedere e con un respiro profondo mi ha detto: Suor Angelita, ho fatto tutto il possibile per questa donna, ho dato il meglio, ora tocca a te. All’inizio non capivo cosa volesse dire, poi dopo un breve colloquio ho capito che parlava di una donna Mussulmana in cura da parecchi anni per un tumore al seno. Lo stesso medico aveva dubbi sul senso della sofferenza e della morte e mi faceva delle domande. Per circa due settimane andata tutti i giorni a trovarla, l’ascoltavo, le offrivo la mia presenza (nella loro cultura se una persona è ammalata, la comunità non la lascia sola e alternativamente pregano per questa persona malata affinché non resti mai sola), io ho preso parte a questa consuetudine come del resto faceva già la Beata Maria Domenica.
Il marito della donna malata, un giorno mi ha stretto la mano e mi ha chiesto di pregare il mio Dio per sua moglie ed io gli ho assicurato la mia preghiera. Alla morte della Signora, il medico che era venuto da me mi ha detto: Suora hai fatto una cosa meravigliosa ed io sono rimasto sorpreso. La sfida che mi trovo ad affrontare ogni giorno assistendo gli ammalati in questa missione va oltre il credo religioso.
Carissimi, tanti di voi sono Operatori Sanitari Pastorali, Ministri dell’Eucaristia e immagino con grande cura e dedizione vi avvicinate a chi soffre per alleviare le sofferenze. Ecco in un mondo sempre più globalizzato a contatto con persone di diverse religioni siamo chiamati ad essere la Presenza di Gesù accanto ad essi, ad essere un segno di speranza come ha fatto la Beata Maria Domenica.